Delitto di Garlasco, il super testimone Gianni Bruscagin spiega perché è stato in silenzio per 18 anni

Gianni Bruscagin spiega perché è rimasto in silenzio per 18 anni: "Rischiavo di non essere creduto", ma non solo. Il racconto del super testimone

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"Rischiavo di non essere creduto": è uno dei tanti motivi per cui Gianni Bruscagin, il cosiddetto super testimone del delitto di Garlasco, ha tirato fuori la sua verità 18 anni dopo i fatti. L’uomo ha rotto il silenzio una prima volta nel corso di un’intervista rilasciata a Le Iene e quest’anno, nel 2025, ha srotolato gli appunti che prese in quel lontano 2007 dopo aver ascoltato le parole della figlia di una abitante di Tromello, il paesino in cui viveva la nonna delle gemelle Cappa.

Perché il testimone racconta tutto dopo 18 anni

Lunedì 2 giugno Gianni Bruscagin è stato raggiunto dalle telecamere di Quarta Repubblica. All’inviata, il super testimone del delitto di Garlasco, ha spiegato i motivi che l’hanno spinto a tenere per sé quel ricordo per 18 anni.

Bruscagin ha dato due risposte: la prima riguarda la donna che per prima gli riferì quanto raccontato dalla madre, una donna che viveva accanto all’abitazione (disabitata) della nonna delle gemelle Cappa, a Tromello.

L’inviata, infatti, gli chiede per quale motivo quella donna non si fosse mai rivolta alle autorità. L’uomo risponde: "Una magari ha anche paura a raccontare una cosa del genere. Dove andavano? Nessuno l’ha consigliata sicuramente, tanto meno io".

La seconda risposta riguarda lui: "Non avevo idee precise su cosa fare", risponde Bruscagin ricordando che si trattava "di una cosa abbastanza grave". Tuttavia, racconta ancora, col tempo avrebbe deciso di rivolgersi a un amico alto ufficiale dei carabinieri di Milano. Quest’ultimo gli avrebbe consigliato di tenere per sé quegli appunti in quanto "in questo momento le istituzioni non sono completamente affidabili".

Cosa raccontarono a Gianni Bruscagin

Come noto, Gianni Bruscagin apprese questo racconto in un ospedale presso il quale si era recato per fare visita a un amico. Le si avvicinò una donna, figlia di una anziana residente a Tromello nonché abitante accanto alla casa dei nonni delle gemelle Cappa, in quel tempo disabitata.

La donna gli raccontò che il 13 agosto 2007, alle ore 13, sua madre avrebbe notato Stefania Cappa arrivare trafelata di fronte all’abitazione della nonna. La vicina – madre della donna che parlò con Bruscagin – era in possesso delle chiavi di quella casa. "Allora si usava così", spiega Bruscagin a Quarta Repubblica. Quindi la giovane avrebbe suonato dalla vicina per farsi consegnare le chiavi. Stefania era visibilmente agitata e non era in grado di aprire la serratura.

Con sé la ragazza avrebbe avuto un borsone pesante. La vicina avrebbe tentato di chiedere alla cugina di Chiara Poggi il motivo di tanta agitazione, ma la ragazza avrebbe fornito una risposta vaga. Quindi la giovane entrò in casa dei nonni e poco dopo la vicina avrebbe sentito un tonfo, come di un oggetto pesante che veniva gettato nel canale.

Il delitto di Garlasco

Raccolta questa testimonianza Gianni Bruscagin appuntò il racconto della donna su un blocco note. Quanto appreso, infatti, sarebbe avvenuto pochi istanti dopo il delitto di Chiara Poggi a Garlasco, cugina di primo grado di Stefania Cappa.

I fatti, dunque, sarebbero avvenuti il 13 agosto 2007 a Tromello, a pochi chilometri da Garlasco. Per la morte della 26enne nel 2015 fu condannato Alberto Stasi, fidanzato della vittima all’epoca del delitto.

gianni-bruscagin-testimone-delitto-di-garlasco Fonte foto: US Mediaset
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