Giovanni Brusca libero dopo 29 anni, finita la libertà vigilata: chi è il boss con 150 omicidi sulla coscienza

Torna libero Giovanni Brusca, il capomafia che azionò il telecomando che innescò l'esplosione nel 1992 in cui morì il giudice Giovanni Falcone

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Giovanni Brusca, il boia di Capaci, è libero. Membro di rilievo di Cosa Nostra, a fine maggio ha terminato i 4 anni di libertà vigilata impostigli dalla magistratura di sorveglianza. Autore o mandante di circa 150 omicidi, ha scontato in tutto agli arresti 29 anni. È stato colui che azionò le bombe che uccisero il giudice Giovanni Falcone.

Giovanni Brusca torna libero

Giovanni Brusca è il capomafia che azionò il telecomando che innescò l’esplosione, il 23 maggio del 1992, in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta.

A fine maggio sono trascorsi i 4 anni di libertà vigilata, ultimo debito con la giustizia del boss di San Giuseppe Jato che si è macchiato di decine di omicidi e che , dopo l’arresto e dopo un primo falso pentimento, decise di collaborare con la giustizia.

Un momento del processo a Giovanni BruscaFonte foto: ANSA

Un momento del processo a Giovanni Brusca

In tutto ha scontato 25 anni di carcere e 4 di libertà vigilata e ora è libero.

La decisione di sottoporlo alla libertà vigilata aveva acceso violente polemiche.

Brusca continuerà a vivere lontano dalla Sicilia sotto falsa identità e resterà sottoposto al programma di protezione.

La reazione di Maria Falcone, sorella del giudice ucciso a Capaci

Maria Falcone, sorella di Giovanni, citata da ANSA, ha dichiarato di non poter “nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre”.

“Ma come donna delle Istituzioni – ha aggiunto -, sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge. Una legge, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose dall’interno”.

Maria Falcone ha ricordato che Brusca “ha beneficiato di questa normativa, ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia che ha avuto un impatto significativo sulla lotta contro Cosa Nostra”.

Chi è Giovanni Brusca

Giovanni Brusca è autore di circa 150 omicidi e, almeno secondo le ricostruzioni ufficiali e dalla dichiarazione tratta dal libro “Ho ucciso Giovanni Falcone” di Saverio lodato, il boss ha ammesso:

“Ho ucciso Giovanni Falcone. Ma non era la prima volta: avevo già adoperato l’autobomba per uccidere il giudice Rocco Chinnici e gli uomini della sua scorta. Sono responsabile del sequestro e della morte del piccolo Giuseppe Di Matteo, che aveva tredici anni quando fu rapito e quindici quando fu ammazzato. Ho commesso e ordinato personalmente oltre centocinquanta delitti. Ancora oggi non riesco a ricordare tutti, uno per uno, i nomi di quelli che ho ucciso. Molti più di cento, di sicuro meno di duecento”.

Giovanni Brusca è nato il 20 febbraio 1957 a San Giuseppe Jato, in Sicilia, ed è figlio del boss Bernardo.

A 13 anni portava da bere, da mangiare e soprattutto informazioni ai latitanti Bernardo Provenzano e Calogero Bagarella. Portò i viveri anche a Salvatore Riina quando era sotto la protezione dei Brusca nel periodo dello scontro con Stefano Bontate.

Enrtò nella cosca del padre nel 1976 all’età di 19 anni, dopo aver commesso già due omicidi in un anno e il suo “padrino” nella cerimonia d’iniziazione fu proprio Totò Riina.

Giovanni Brusca u verru (il porco), oppure lo scannacristiani proprio per la sua ferocia.

Il capomafia è ritenuto colui che ha ordinato il rapimento e l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, caso tristemente noto. Il ragazzino rimase imprigionato per 779 giorni, poi venne ammazzato e sciolto nell’acido per vendicare la collaborazione con la giustizia del padre, il mafioso Santino Di Matteo.

Ebbe un ruolo fondamentale nella strage di Capaci, in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, in quanto fu l’uomo che materialmente spinse il tasto del radiocomando a distanza che fece esplodere il tritolo piazzato in un canale di scolo sotto l’autostrada.

Brusca è stato considerato responsabile dell’organizzazione della strage di via D’Amelio e della pianificazione degli attentati del 1993 a Milano, Roma e Firenze.

L’arresto di Giovanni Brusca

Giovanni Brusca è stato arrestato la sera del 20 maggio 1996 in contrada Cannatello, frazione balneare del comune di Agrigento.

Tre giorni dopo, il 23 maggio, a quattro anni dalla strage di Capaci, ha deciso voltare le spalle a Cosa Nostra e fare rivelazioni ai magistrati sulla mafia.

Nel 2000 gli è stato riconosciuto lo status di collaboratore di giustizia che gli ha consentito di lasciare il regime carcerario duro previsto dall’articolo 41-bis e di godere dei benefici previsti dalla legge, compreso un sussidio di 500mila lire al mese per sé e per i componenti della sua famiglia.

È stato il primo collaboratore di giustizia a parlare del cosiddetto “papello“, un foglio con l’elenco di richieste che Riina avanzò allo Stato dopo le stragi.

La legge sui benefici penitenziari ai collaboratori di giustizia è stata intensamente promossa dal magistrato Giovanni Falcone, memore del grande ruolo che i pentiti di mafia avevano avuto nel Maxiprocesso degli anni Ottanta.

Brusca ha potuto usufruire quindi dei benefici della legge 15 marzo 1991, n. 82, che ha previsto la possibilità di ridurre drasticamente la pena ai pentiti di mafia passandola a 26 anni di carcere anziché l’ergastolo.

Inoltre, il provvedimento ha introdotto misure di protezione personale, inclusa la scorta e il programma di protezione estremamente riservato per il soggetto e i suoi stretti congiunti.

L'arresto di Giovanni Brusca Fonte foto: ANSA
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